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Jasper Morrison

Jasper Morrison in his studio designing for Flos

Quando ti sei reso conto che volevi diventare designer?

Intorno ai 16/17 anni ho cominciato a interessarmi al design, poi ho visitato la mostra di Eileen Gray che mi ha convinto che era quello che volevo fare.


Cos’è per te la luce artificiale?

Nel migliore dei casi penso sia una calda combinazione di uplight e faretti, di lampade da terra e da tavolo.


Perché ti piace lavorare con Flos?

Flos è l’azienda per cui ho sempre voluto disegnare. Avevano così tanti bei progetti di Castiglioni e degli altri. Poi, quando è arrivato Piero Gandini e ha cominciato a mischiare l’approccio classico con qualcosa di più dirompente, il marchio è diventato ancora più accattivante.


Qual è il prossimo oggetto che vorresti disegnare?

Non ci penso mai, la maggior parte dei miei progetti arriva per caso. Devo semplicemente essere pronto a coglierli quando si presentano.

C’è un grande designer, artista o musicista che consideri un punto di riferimento nel tuo lavoro?

Ce ne sono troppi! Ma direi soprattutto Brancusi, Castiglioni, Enzo Mari, Dieter Rams, Sori Yanagi, Eileen Gray, Borg Mogenson….


Che tipo di oggetti ti piace usare a casa? Vecchi, nuovi, comprati, trovati?

Mi piace mischiare molte delle mie creazioni con oggetti vecchi, nuovi, comprati e trovati. Compro molti mobili danesi.


Qual è il ricordo più bello che hai dell’amico James Irvine?

Uno dei ricordi più belli che ho di lui è una visita da Cappellini all’inizio degli anni ‘90. Era mattina presto e ci eravamo fermati al Bar Basso per un caffè. Mentre eravamo al bancone, era entrato un elegante uomo d’affari italiano: aveva ordinato un Dry Martini, lo aveva bevuto tutto d’un fiato ed era uscito. Non abbiamo mai saputo dove fosse diretto, ma abbiamo riso tantissimo provando a immaginare in che razza di guai si fosse cacciato.