Edward Barber & Jay Osgerby
Quando vi siete resi conto che volevate diventare designer?
JO: Da bambino sapevo di voler fare qualcosa di creativo ma ho compreso, o meglio ho imparato, il termine designer soltanto una volta cresciuto. È stato solo a quel punto che ho deciso di seguire questa strada.
EB: Non credo di aver mai deciso, mi è capitato e basta. Pensavo di fare l’artista o lo scultore, ma poi un giorno sono diventato molto concreto e ho deciso di iscrivermi a un corso di design. Non è detto che lo sarò per sempre.
Cos’è per voi la luce artificiale?
EB & JO: L’illuminazione è l’elemento più importante da considerare in uno spazio perché scolpisce e definisce. Con la luce hai la possibilità di creare un’atmosfera e cambiare il clima o lo scopo di un ambiente. È una risorsa potente e appassionante con cui lavorare.
Perché vi piace lavorare con Flos?
EB & JO: Flos è la principale azienda di illuminazione al mondo. Ha uno spirito all’avanguardia e una storia autorevole di grande valore culturale. Come noi, crede in una ricerca approfondita e nello sviluppo. Inoltre, Flos è sempre disponibile a valutare nuove idee.
Qual è il prossimo oggetto che vorreste disegnare?
EB & JO: Un faro.
C’è un grande designer, artista o musicista che considerate un punto di riferimento nel vostro lavoro?
EB & JO: Ce ne sono troppi. Per noi gli eroi del design sono spesso anonimi, persone che hanno realizzato oggetti della quotidianità che sono poi diventati prodotti di design nel corso del tempo.
Qual è l’oggetto più strano che avete disegnato?
EB & JO: Probabilmente la torcia delle Olimpiadi di Londra del 2012, dato che si trattava di un progetto completamente diverso da quelli che siamo abituati ad accettare. Molti progetti sono stimolanti: la torcia olimpica era incredibilmente difficile da realizzare perché dovevamo creare un oggetto che fosse affidabile, bellissimo e autorevole. Il progetto era molto tecnico ma anche estremamente simbolico.
Pensate che ci sia una certa inglesità nel vostro lavoro?
EB & JO: Probabilmente non dovremmo essere noi a giudicare, ma pensiamo che un buon design vada ben oltre i confini geografici. Ci ispiriamo ai nostri viaggi, che ci portano a conoscere Paesi, culture e abitudini molto diversi tra di loro. È difficile parlare di “inglesità” nel nostro lavoro.